QUESTA È MATEMATICA PER LE MIE ORECCHIE

Piergiorgio Odifreddi

A Capo Colonna, vicino a Crotone, i greci avevano dedicato ad Hera Lacinia un tempio con 48 colonne, allineate secondo la direzione dei raggi del sole nascente. In una notte stellata del mese di maggio le donne della città si recavano in processione al tempio, per chiedere alla dea il dono della fertilità. In epoca bizantina la devozione verso la dea si trasferì a Maria Theotokos, la madre di Dio, ma la tradizione della processione rimase inalterata, e continua ancora oggi.
Il maggior vanto storico di Crotone è però, senza dubbio, la scuola che Pitagora di Samo, il grande matematico e filosofo, vi fondò quando vi si trasferì dalla Grecia, verso il 530 a.C. Essa prosperò per una trentina d'anni, fino a che i pitagorici si immischiarono nelle faccende politiche della città, appoggiando il partito sbagliato. Essi furono perseguitati e cacciati, la scuola fu bruciata, e Pitagora fuggì a Metaponto, dove morì poco dopo.
Fu proprio una intuizione musicale che permise a Pitagora di formulare quel legame fra matematica e natura che costituisce, probabilmente, la scoperta più profonda e feconda della storia dell'intero pensiero umano.
Secondo Giambico, l'episodio è il seguente. Un giorno Pitagora passò di fronte all'officina di un fabbro, e si accorse che il suono dei martelli sulle incudini era a volte consonante, e a volte dissonante. Incuriosito, entrò nell'officina, si fece mostrare i martelli, e scoprì che quelli che risuonavano in consonanza avevano un preciso rapporto di peso. Ad esempio, se uno dei martelli pesava il doppio dell'altro, essi producevano suoni distanti un'ottava. Se invece uno dei martelli pesava una volta e mezza l'altro, essi producevano suoni distanti una quinta (l'intervallo fra il do e il sol).
Tornato a casa, Pitagora fece alcuni esperimenti con nervi di bue in tensione, per vedere se qualche regola analoga valesse per i suoni generati da strumenti a corda, quali la lira. Sorprendentemente, la regola era addirittura la stessa! Ad esempio, se una delle corde aveva lunghezza doppia dell'altra, esse producevano suoni distanti un'ottava. Se invece una delle corde era lunga una volta e mezza l'altra, esse producevano suoni distanti una quinta.
In perfetto stile scientifico, dall'osservazione e dall'esperimento Pitagora dedusse una teoria: la coincidenza di musica, matematica e natura. Più precisamente, egli suppose che ci fossero tre tipi di musica: quella strumentale propriamente detta, quella umana suonata dall'organismo, e quella mondana suonata dal cosmo. La sostanziale coincidenza delle tre musiche era responsabile da un lato dell'effetto emotivo prodotto, per letterale risonanza, dalla melodia sull'uomo, e dall'altro della possibilità di dedurre le leggi matematiche dell'universo da quelle musicali.
Poichè nelle leggi dell'armonia scoperte da Pitagora intervenivano soltanto numeri frazionari, detti anche numeri razionali, ed i rapporti armonici corrispondevano perfettamente a rapporti numerici, Pitagora enunciò la sua scoperta nella famosa massima: tutto è (numero) razionale. Essa codifica la fede nella intelligibilità matematica della natura, ed è il presupposto metafisico dell'intera impresa scientifica, di cui Pitagora è stato appunto il padre fondatore.
Più precisamente, `ragione' non era altro che la capacità di esprimere concetti mediante un `rapporto' numerico, come testimonia l'uso dello stesso vocabolo per entrambi i termini, sia in greco (logos) che in latino (ratio). Poichè poi, per i greci, logos significava anche la `parola' stessa, il vocabolo finì per esprimere una triplice coincidenza di linguaggio, razionalità e matematica. Anche questa coincidenza è tuttora viva e vegeta, e il Trattato di Wittgenstein non ne è che l'ultima riformulazione riveduta e corretta.
Una scoperta tanto profonda non poteva che far ritenere Pitagora o una vera e propria divinità, o almeno un depositario della saggezza divina. Il suo insegnamento non poteva essere oggetto di discussione, e a lui si applicò per la prima volta l'espressione ipse dixit. La sua scuola assunse i caratteri di una confraternita religiosa, e gli adepti vennero divisi in due categorie: gli acusmatici, o uditori, e i matematici, o apprendisti. Ai primi si ammanniva l'insegnamento in maniera essoterica e superficiale, mentre i secondi venivano iniziati all'insegnamento esoterico e profondo.
Un esempio tipico della dicotomia è la teoria cosmologica pitagorica, il cui aspetto essoterico è stato tramandato da Platone nel difficile dialogo Timeo. Mediante misteriose costruzioni basate sui numeri 1, 2 e 3, che corrispondono ai rapporti numerici dell'ottava e della quinta, si arriva alla determinazione dei rapporti armonici che regolano il moto dei pianeti. Il sistema solare è dunque visto come una lira a sette corde suonata da Apollo, in cui i pianeti producono i suoni che loro corrispondono, e che insieme costituiscono la musica delle sfere.
L'aspetto essoterico del modello pitagorico rimase per secoli il punto di riferimento per la cosmologia, tanto che ancora nel 1619 Keplero lo utilizzò nel suo strabiliante libro L'armonia del mondo. In esso egli descrisse le leggi musicali che regolano il moto dei pianeti, specificando che nella sinfonia celeste Mercurio canta da soprano, Marte da tenore, Saturno e Giove da bassi, e la Terra e Venere da alti. E nella terza delle tre famose leggi di Keplero ricompare, miracolosamente, il rapporto di quinta: il quadrato del periodo di rotazione di un pianeta attorno al sole è infatti proporzionale al cubo della sua distanza da esso. Non a caso una delle conferenze del maggio pitagorico è dunque dedicata a ``L'ultimo sogno di Keplero''.
La svolta fondamentale della fisica moderna, compiuta da Newton nei Principia, corrisponde invece ad un esplicito tentativo di riscoprire l'aspetto esoterico della cosmologia pitagorica, nascosto sotto i ``discorsi volgari'' della musica delle sfere. Come molti suoi contemporanei, Newton riteneva infatti che la conoscenza fondamentale del mondo, la cosiddetta prisca sapientia, fosse già stata rivelata da Dio ai primi uomini, incisa su due pilastri: essi sarebbero stati riscoperti dopo il diluvio universale da Pitagora ed Ermes Trismegisto, che ne inglobarono le verità nelle proprie filosofie esoteriche. Sia come sia, il fatto è che su queste basi Newton mostrò che la legge di gravitazione universale era implicita nelle leggi dell'armonia pitagorica, e dichiarò che essa doveva quindi già essere nota a Pitagora stesso.
Il pitagorismo rimane ben vivo anche nella fisica moderna, e non solo come generica matematizzazione della natura. Anzitutto, se la fisica classica aveva riformulato il motto pitagorico come: ``tutto è (numero) reale'' o ``tutto è (numero) immaginario'', la fisica atomica sembra essere ritornata alla versione originale, in cui sono proprio i numeri interi a determinare le caratteristiche della natura a livello microscopico, attraverso la quantizzazione di quantità che si supponevano continue, prima fra tutte l'energia. Inoltre, nel tentativo più recente di arrivare ad una teoria unitaria della natura, la cosiddetta teoria delle stringhe di Witten, le costituenti ultime della materia vengono non più pensate come punti (im)materiali, ma come pezzi di corda che vibrano in uno spazio pluridimensionale, ed i cui modi di vibrazione (o suoni) costituiscono le particelle elementari. Il che giustifica il titolo ``Da Pitagora a Witten'' di una delle conferenze del maggio pitagorico. Anche la storia della musica, come già quella della fisica, ha recepito ed elaborato in maniera profonda il credo pitagorico. Già Pitagora stesso aveva scoperto che la sua teoria musicale aveva qualche problema: infatti i rapporti numerici corrispondenti, rispettivamente, a un tono e due semitoni non coincidevano, e differivano di una quantità piccola ma percettibile all'orecchio, che fu chiamata comma pitagorico. La soluzione matematica del temperamento, che consiste nel dividere l'ottava in dodici semitoni uguali, fu trovata soltanto nel secolo XVIII, e richiese l'assegnazione di un valore irrazionale al semitono.
Non a caso la soluzione, che inizialmente generò resistenze vivaci, fu popolarizzata dai 48 preludi e fughe del Clavicembalo ben temperato. Bach era infatti sensibilissimo alla struttura matematica della musica, e opere quali le Variazioni Goldberg, l'Offerta musicale e l'Arte della fuga utilizzano in maniera sistematica trasformazioni geometriche che invertono, ribaltano e dilatano temi musicali. Le stesse trasformazioni, basilari per tutta la polifonia, sono poi state formulate esplicitamente agli inizi del secolo come regole della dodecafonia. Il che spiega la presenza di molte opere di Bach, l'Offerta musicale in particolare, oltre che di Webern e Berg, nei concerti del maggio pitagorico.
In conclusione, rimane da notare che il pensiero pitagorico è oggi divenuto la base metafisica della cultura planetaria. La scienza e la tecnologia che, ci piaccia o no, hanno ormai superato tutti i confini geografici e pervaso l'intero globo, si basano infatti proprio su quella coincidenza fra natura e matematica che Pitagora ha per primo saputo intuire e perseguire, rivelandosi più universale e profondo di qualunque altro profeta o pensatore, da Budda a Cristo, da Platone a Marx. Il pianeta, ormai unificato dalla scienza e dalla tecnologia, continua ancora a rimanere diviso dalle religioni. Forse anche in questo campo Pitagora, che credeva che dio fosse semplicemente l'armonia dell'universo, e che la purificazione religiosa si ottenesse attraverso la contemplazione matematica, potrebbe un giorno additare la retta via. La quale è, d'altronde, già contenuta nella versione esoterica del pitagorico inizio del Vangelo secondo Giovanni: ``In principio era la Ragione, e la Ragione era presso Dio, e la Ragione era Dio''
Piergiorgio Odifreddi - Università di Torino

DOMANDE DEL CONSERVATORIO

Professor Odifreddi, il termine greco ``ritmo'', tradotto dai latini con numerus, in virtù del suffisso ``-tmo'' appartiene alla categoria dei sostantivi come aritmos, che indicano l'azione del misurare con esattezza. Ma qual'è l'unità di misura della musica?
Letteralmente, l'unità di misura della musica è una frazione: quella che indica il metro, e sulla quale si possono effettuare vere e proprie operazioni matematiche. Ad esempio, l'hemiola, che permette di leggere un metro a due tempi con suddivisione ternaria come un metro a tre tempi con suddivisione binaria, corrisponde all'operazione di semplificazione di una frazione, cioè a dividere numeratore e denominatore per uno stesso numero.

Più generalmente, attraverso la frazione che indica il metro di una composizione si esprime quella corrispondenza fra matematica e musica che sta alla base della filosofia pitagorica. Anzi, questa filosofia fu appunto ispirata dalla scoperta che i rapporti numerici sono in grado di esprimere i rapporti armonici: poteva essere considerata una coincidenza, e invece Pitagora la interpretò come un indizio di qualcosa di molto profondo, e cioè il fatto che la matematica è il linguaggio della natura. La scienza, che non fa altro che ricercare altre manifestazioni di questa intuizione, è dunque nata da un'osservazione sul rapporto fra matematica e musica!
La progressione ascendente o discendente, procedimento compositivo consistente nella ripetizione esatta e periodica di una medesima formula melodica o armonica su gradi diversi, è una delle figure retorico-musicali più in uso nella musica
strumentale barocca. Corrispondenza biunivoca con le successioni matematiche?
Più che con l'aritmetica, in questo caso la corrispondenza è con la geometria: in particolare, con la teoria delle simmetrie. La ripetizione di un ``motivo'' è una costante dell'arte in generale, non soltanto della musica: basta pensare alle decorazioni dell'Alhambra, o alle vetrate delle cattedrali gotiche. Un esempio interessante del connubio fra scienza e arte sta proprio nel fatto che le strutture fondamentali della simmetria isolate in geometria, dalle riflessioni alle dilatazioni, si ritrovino poi sistematicamente nella musica, dalla polifonia alla dodecafonia.
A proposito del lavoro per fiati e percussioni Intégrales (1925) il compositore Varèse ebbe a dire: ``C'è maggior fertilità nella sublime poesia di certe esposizioni matematiche che non nei più ispirati sproloqui prodotti dalle passioni degli uomini''. Con quale autore classico il professor Odifreddi integra l'area delle sue conoscenze logiche?
Se poniamo l'accento sulla conoscenza, allora certamente la musica che mi interessa maggiormente è quella di Bach. Più precisamente, le opere dell'ultimo Bach, entrato a far parte della Società Lipsiense per le Scienze Musicali: le Variazioni Goldberg, l'Offerta Musicale e l'Arte della fuga. Le caratteristiche geometriche e logiche di queste opere si apprezzano a fondo solo leggendole e suonandole, mentre tendono a perdersi all'ascolto: le loro partiture sono come testi di matematica, e vanno affrontate in maniera conseguente.
Ma, come suggerisce Varèse, vale anche il contrario: ci sono composizioni matematiche che possono essere affrontate come partiture, e dalle quali si può ricavare un godimento estetico non dissimile da quello offerto dalla musica. Purtroppo, la matematica ha un grande svantaggio nei confronti della musica: la mancanza di sensorialità. Mentre si può fruire di un canone o di una fuga anche senza saper leggere uno spartito, una formula o un teorema possono parlare soltanto a coloro che ne conoscono il linguaggio.
Nel Don Giovanni di Mozart Leporello rivela a Elvira il ``catalogo'' amoroso del cavaliere più licenzioso della Spagna, così cantando: ``in Italia seicento e quaranta, il Almagna duecento e trentuna, cento in Francia, in Turchia novantuna, ma in Ispagna son già mille e tre... Non si picca se sia ricca, se sia brutta, se sia bella, purchè porti la gonnella''. Passione carnale per la musica dei numeri, o per quella del gentil sesso?
Non c'è dubbio che i numeri ai quali Don Giovanni era interessato non fossero quelli della matematica, ma per Da Ponte e Mozart la cosa era probabilmente diversa: basta pensare all'apertura delle Nozze di Figaro, le cui prime parole sono appunto ``cinque, dieci, venti, trenta, trentasei, quarantatre''.
Per restare al Don Giovanni, i numeri giocano un ruolo essenziale nella scena del ballo, alla fine del primo atto: per far sovrapporre perfettamente tre danze tanto diverse quali un minuetto in tre quarti, una contraddanza in due quarti e una allemanda in tre ottavi ci vuole un'abilità aritmetica non indifferente, perchè a ogni due battute del minuetto ne devono corrispondere tre della contraddanza e sei della allemanda. Non a caso questa scena è difficile sia da eseguire che da ascoltare.
Per concludere sorridendo, qual'è il brano più singolare della storia della musica?
Certamente il 4'33'' di John Cage, un brano di puro silenzio per pianoforte, in tre movimenti: 30'', 2'23'' e 1'40''. I 273'' che costituiscono la sua durata totale richiamano esplicitamente la temperatura di -273 gradi, detta zero assoluto: non a caso, perchè il silenzio è per la musica ciò che lo zero è per la matematica.

Per informazioni: Extramuseum

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